Come funziona, perchè utilizzarlo, e quanto costa
Premessa
I lavoratori sono un vero e proprio capitale per l’azienda che li impiega, che di solito investe tempo, energia e risorse nella loro formazione.
Il lavoratore, sulla base della mansione e del ruolo che ricopre, può acquisire un bagaglio di informazioni talvolta molto sensibili.
Ti puoi tutelare nei confronti del dipendente che abbandona l’azienda? E se, dulcis in fundo, andasse a lavorare in un’azienda concorrente? La risposta è si!
Continua a leggere questo articolo, saprai esattamente come fare.
Patto di non concorrenza: definizione
Il patto di non concorrenza, disciplinato dall’art.2125 c.c., prevede che “Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio”.
Nel diritto del lavoro, il patto di non concorrenza si configura come una clausola contrattuale che può essere inserita nel contratto individuale di lavoro, di comune accordo fra le parti (lavoratore e datore di lavoro).
È finalizzato ad evitare che, qualora il rapporto di lavoro cessasse per dimissioni o licenziamento, il lavoratore non avvii un’attività in proprio e/o trovi occupazione presso un competitor portando con sé conoscenze ed esperienze maturate presso l’azienda che lo ha formato.
Come funziona il patto di non concorrenza?
Eh sì, hai speso soldi ed energie nel selezionare accuratamente il tuo personale.
È trascorso del tempo anche se tu sei soddisfatto del talento che hai intercettato a suo tempo Lui che fa: ti abbandona. Sì, ti molla.
E non finisce qui, perchè oltre il danno c’è anche la beffa dietro l’angolo…
È un classico, ed è anche fisiologico: una volta terminato il rapporto di lavoro con l’azienda, a prescindere dal motivo, il lavoratore tende a cercare immediatamente un nuovo impiego nello stesso settore, sfruttando l’esperienza e i contatti con le aziende concorrenti.
Ragioniamo insieme: non è comune trovare qualcuno che decida improvvisamente di diventare un parrucchiere se fino a ieri faceva il tornitore meccanico… al 99% continuerà a fare il meccanico, probabilmente in un’altra officina, o aprirà una sua attività.
Quando il lavoratore è sotto contratto è tenuto per legge all’obbligo di fedeltà nei confronti del suo datore di lavoro, ma per limitare la sua attività per il periodo successivo alla cessazione del rapporto è necessario stipulare, per iscritto, uno specifico accordo inserendolo nel contratto di assunzione, o con una nuova stipula in un periodo successivo, quindi quando il rapporto di lavoro è già avviato.
Cosa succede se il lavoratore rifiuta o viola il patto di non concorrenza?
Lo scopo principale del patto di non concorrenza è di salvaguardare l’attività lavorativa del datore di lavoro impedendo la fuga di notizie e modalità operative di svolgimento della produzione stessa, ma come abbiamo detto prima, deve esserci accordo tra le parti.
Cosa succede se il lavoratore, in fase di assunzione o in costanza di contratto, si rifiuta di firmare il patto?
L’azienda può procedere con una sanzione disciplinare. Subito!
Qualora il lavoratore firmi, ma violi il patto, l’Azienda può immediatamente appellarsi all’articolo 700 del Codice di procedura civile, qualora sussistano due requisiti:
- Fumus boni iuris: presenza di un elemento giuridico violato o a giustificazione della pretesa del soggetto.
- Periculum in mora :la presenza concreta di un grave e imminente danno.
Appellandoti a questo articolo, puoi chiedere un rito speciale per la tutela d’urgenza che riduce notevolmente i tempi rispetto ad un rito ordinario. La controparte, il lavoratore, non ha diritto di replica, è il giudice a decidere in base alla documentazione fornita dal richiedente del provvedimento.
Se dalla violazione del patto di non concorrenza derivasse un danno economico non imminente, è necessario procedere con il procedimento ordinario.
Gli elementi costitutivi del patto non concorrenza
Abbiamo capito l’interesse che muove l’azienda, ma cosa può convincere il lavoratore a firmare una clausola che lo limiterebbe moltissimo nella scelta della sua futura occupazione? I soldi! Ovvero il corrispettivo economico pattuito a fronte delle limitazioni/rinunce a cui il patto lo assoggetta.
In sostanza viene vietata al nostro lavoratore non solo l’attività in forma subordinata, ma anche quella resa sotto altre possibili forme (ad esempio: consulente, socio, consigliere di amministrazione, agente o anche per interposta persona), prescindendo altresì dalla gratuità o dalla occasionalità dell’attività medesima.
Il sacrificio del lavoratore viene ricompensato in termini economici, ma allo stesso tempo i vincoli imposti dal datore di lavoro al termine del rapporto non possono essere illimitati, né in termini di durata temporale né in termini di area geografica.
L’ampiezza del vincolo imposto non può essere tale da impedire una nuova ricollocazione nel mondo del lavoro per il nostro lavoratore in fuga.
Ecco perché la normativa stabilisce che ogni patto di non concorrenza che si rispetti, perché sia valido, debba attenersi a dei parametri specifici:
- Stipula in forma scritta.
- Indicazione dell‘oggetto del patto, ovvero il tipo di attività. Ti specifico che l’oggettonon può riguardare delle attività estranee al settore produttivo o commerciale in cui opera l’azienda, dal momento che in tal caso non si potrebbe parlare di concorrenza.
- Durata temporale. Non può essere superiore a 5 anni per i dirigenti, 3 anni per tutti gli altri lavoratori. Questo significa che se fosse inserita una pattuizione di durata maggiore, la stessa si riduce automaticamente ai limiti di cui sopra.
- Territorialità. Il patto deve contenere una limitazione geografica circoscritta (città, regione, nazione), non può essere generica ma ben definita, proprio perché non impedisca totalmente al lavoratore la possibilità di impiegarsi nuovamente.
L’estensione del vincolo deve sempre tener conto del raggio di azione e dimensioni dell’impresa per la quale il dipendente lavorava. In alternativa, o in aggiunta, è ammessa l’indicazione delle imprese concorrenti con il quale l’ex dipendente non può lavorare o collaborare.
- Il corrispettivo economico, è la parte più importante, ma anche la più spinosa dato che la normativa fornisce sì una definizione specifica del concetto ma non dà alcun parametro economico per una misura ritenuta idonea.
Ti specifico che non ci sarà alcun compenso considerato congruo rispetto alla totale impossibilità di trovare un nuovo impiego, questo deve essere ben chiaro. Per definire correttamente l’importo del corrispettivo, bisogna tenere conto di tutti gli elementi del patto (oggetto, durata ed estensione territoriale) e dovrà essere tanto maggiore quanto più sarà:
- elevata la posizione gerarchica del lavoratore e la retribuzione;
- ampio il vincolo territoriale;
- ampio il novero delle attività e/o delle imprese individuate come concorrenti;
- estesa la durata;
È anche possibile che le parti si accordino perché il corrispettivo sia erogato non solo sotto forma di denaro ma si concretizzi, ad esempio, nella remissione di un debito o godimento di un bene per un certo periodo o con altro compenso in natura.
Come e quando pagare?
La norma non specifica come debba essere erogato il denaro, ma le ipotesi lecite sono le seguenti:
- in tranches mensili in costanza di contratto (con voce specifica nel cedolino paga).
- saldo alla cessazione del rapporto di lavoro (con le competenze di fine rapporto).
- ratealmente a far data dalla cessazione fino alla durata del vincolo stesso.
- una tantum allo scadere del vincolo.
- in forma mista, come concordato dalle parti.
Se il lavoratore non rispetta il patto di non concorrenza che succede?
Cosa accade se, nonostante l”azienda rispetti quanto previsto dal patto di non concorrenza, il lavoratore una volta terminato il suo contratto non si attiene a quanto concordato?
Ci sono due casistiche:
- Il datore di lavoro che riscontra che vi sia pericolo per la propria attività in relazione alla violazione del patto può appellarsi all”art.700 del codice di procedura civile, secondo cui:
“Chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d’urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito”
- Il datore di lavoro inserisce preventivamente nel contratto una penale in caso di mancato rispetto delle clausole previste dal patto. Questa , in base alla mia esperienza, è la soluzione più gettonata.
In quali casi il patto di non concorrenza si considera nullo?
Oltre al mancato rispetto del patto di non concorrenza da parte del lavoratore, possono verificarsi alcune condizioni per cui il esso si configura come nullo:
- Qualora imponga restrizioni o limiti tali da ridurre fortemente la concreta professionalità del lavoratore sino a comprometterne ogni potenzialità reddituale (vedi Corte d’appello Perugia sez. lav. 142/18)
- Qualora preveda un compenso simbolico o comunque non adeguato all’impegno richiesto. Come anticipato, infatti, il compenso deve essere commisurato in relazione alla qualifica professionale del lavoratore, ai datori di lavoro individuati come concorrenti, al vincolo territoriale ed alla durata (Tribunale Perugia sez. lav., 10/10/2018, n.369)
- Qualora non ci sia un’indicazione geografica e/o non sia ben definita (Corte appello Milano sez. lav., 19/10/2018, n.1622)
È importante specificare che è nulla la clausola che concede al datore di lavoro la facoltà di recedere dal patto, ovvero di abbreviarne la durata, dopo la cessazione del rapporto o all’atto della risoluzione del rapporto.
Quando il patto di non concorrenza può fare al caso tuo.
Come vedi, questa “clausoletta”, ha un grosso potere: lega datore di lavoro ad un esborso economico e limita non poco il lavoratore nella sua possibilità di impiego futuro.
Va utilizzata solo se necessaria, ma quando lo è?
Adesso è il momento di un esempio pratico.
Mario Rossi è il titolare di un panificio artigianale con 6 dipendenti, allocato nel cuore della Sardegna nato ben 70 anni fa. Il suo pane è conosciuto in tutta l’isola. La sua ricetta è rigorosamente segreta, viene tramandata da generazioni con cura e massima riservatezza. Fra i vivi, la conoscono solo due persone: Mario Rossi, e il maestro panettiere. Cosa succederebbe se venisse sbandierata ai quattro venti? Non c’è bisogno che io te lo racconti.
Se domani mattina il maestro panettiere, dopo 18 anni di servizio alle dipendenze di Mario Rossi decidesse di andare a lavorare nel panificio del paese vicino, che produce a livello industriale e che gli promette uno stipendio golosissimo cosa succederebbe? Un dramma!
Come può Mario Rossi tutelare la sua azienda, il suo fatturato, e la sua ricetta? Inserendo nel contratto del maestro panettiere una fantastica clausolina contenente il patto di non concorrenza!
In questo modo Mario Rossi si accorda con il suo dipendente, gli corrisponde mensilmente una buona cifra che permette al suo maestro panettiere di non farsi ingolosire dalle offerte altrui, impedendogli di lasciare la sua azienda e divulgare la sua ricetta a tutti i concorrenti presenti nell’isola.
Mario Rossi spende, sì, ma vive sereno, il maestro fornaio per poter esercitare il suo lavoro dovrebbe emigrare fuori dalla Sardegna, cosa che non vuol fare, e rinunciare ad un ottimo stipendio (quello previsto dal suo CCNL + scatti di anzianità + patto di non concorrenza liquidato mensilmente in costanza di contratto di circa 500 euro netti).
E vissero tutti felici e contenti!
Questo è solo un esempio, ma spero di aver reso l’idea.
Conclusioni
Il patto di non concorrenza è uno strumento importante, va saputo maneggiare con cura:
- Lato imprenditore, lo costringe ad un impegno economico che può incidere in maniera più o meno pesante sul suo portafoglio, ma che in un modo o nell’altro incide.
- Lato lavoratore, gli viene imposto un forte limite alla sua attività futura, anche se per un periodo definito. Potrebbe non accettare a fronte di un compenso non appetibile perché si troverebbe costretto a trasferirsi o a “reinventarsi” per qualche anno e potrebbe non voler correre questo rischio.
Il patto di non concorrenza è uno strumento molto utile, ma va utilizzato con cautela. Ti consiglio di interfacciarti sempre con il tuo consulente del lavoro e il tuo avvocato esperto in diritto del lavoro prima di prendere decisioni in merito.